“La Zona di Interesse – The Zone of Interest” di Jonathan Glazer

Una famiglia sta piacevolmente trascorrendo una giornata in riva a un lago, prima di tornare alla loro bella casa, circondata da un giardino pieno di fiori colorati e alberi da frutto. Ma questa non è una famiglia come le altre: il padre è Rudolf Höss, comandante del campo di sterminio di Auschwitz, e il muro che circonda la casa è il confine tra la normalità e l’orrore. 

The Zone of InterestInteressengebiet in tedesco – è l’area di 40 chilometri quadrati che circondava il campo di sterminio di Auschwitz, a Oswiecim, in Polonia. E’ anche il titolo di un romanzo di finzione di Martin Amis, pubblicato nel 2014 da Einaudi. Da quel romanzo parte l’idea del regista inglese Jonathan Glazer di raccontare – dopo lunghe ricerche storiche – una storia che parli del periodo più terribile della storia del Novecento attraverso personaggi che rifiutano di vedere se stessi e ciò che li circonda.

Rudolf (Christian Friedel) e Hedwig Höss (Sandra Hüller) sono una coppia che insegue una sorta di sogno germanico: vivere in campagna, far crescere i loro cinque bambini nella natura. Sono felici, Hedwig è una giardiniera capace e si prende cura con passione e meticolosità del giardino. Rudolf Ha un lavoro importante, è un capace organizzatore, apprezzato dai suoi sottoposti e dai superiori. La loro è una vita apparentemente normale e scorre tra gite, pranzi, cene, feste, passeggiate a cavallo. Rudolf e Hedwig ridono a letto, una sera, pensando di tornare a viaggiare in Italia una volta finita la guerra. E quando lui viene promosso e trasferito nuovamente a Berlino, Hedwig decide di rimanere con i figli in questa casa, che rappresenta per lei il sogno inseguito da sempre. Sono, in fondo, come qualsiasi altra famiglia. 

Gli Ebrei sono al di là del muro”: dice Hedwig a un certo punto alla madre in visita. Ed è in questa frase l’essenza del film di Glazer: la negazione completa di ciò che sta accadendo oltre quel muro. Non si vedono atrocita’ nel film diretto da Jonathan Glazer, non si vede nulla di quanto succede nel campo, se non pennacchi di fumo da alti camini dei forni crematori, ma durante le feste per i bambini e soprattutto di notte Le nostre orecchie, a differenza di quelle indifferenti della famiglia Hoss, sono colpite per 106 minuti dai cani che abbaiano, dai soldati che berciano ordini, dalle raffiche di colpi, dalle urla dei prigionieri. 

Non vediamo mai le atrocità sui prigionieri, ma c’è, costante, una agghiacciante violenza sottotraccia che accompagna tutto il film e che spinge lo spettatore oltre i limiti dell’umana comprensione. 

Ogni scena del film è illuminata solo dalla luce naturale, non ci sono luci di scena e la scelta di filmare in contemporanea nelle varie camere i momenti di vita che si svolgono nella casa – Hedwig che prende il caffè in cucina, mentre il marito discute l’acquisto di un ultimo modello di forno crematorio e le domestiche corrono da una stanza all’altra – ha permesso agli attori , soprattutto Sandra Huller e Christian Friedel, di concentrarsi sul personaggio, e di muoversi in totale libertà, senza distrazioni.  Un plauso al production designer Chris Oddy che ha costruito il giardino con un meticoloso lavoro durato quattro mesi nella casa che si trova realmente in Polonia,  nell’area denominata Zone of Interest. 

L’orrore evocato attraverso l’assenza di esso, la negazione di guardare se stessi perché riconoscere cosa sta accadendo li farebbe impazzire. Questo viaggio terribile nella banalità del male (il libro  di Hannah Arendt è purtroppo sempre attuale) non si interrompe nemmeno per quello che sembra un breve momento di cedimento di Rudolf – assalito dalla nausea dopo una riunione sulla soluzione finale – non deve trarre in inganno. Subito dopo Glazer ci mostra Auschwitz oggi, con le  prove di ciò che accadde. 

La Zona di interesse – The zone of interest colpisce al cuore e allo stomaco con una tale forza da lasciare senza fiato. Gran Prix Speciale della Giuria a Cannes, è candidato a cinque premi Oscar (tra cui Miglior Film e Miglior Film Internazionale) con buone probabilita’ di portare a casa almeno una delle due statuette.

Titolo originale: The Zone of Interest
Regia: Jonathan Glazer
Interpreti: Sandra Hüller, Christian Friedel, Ralph Herforth
Durata: 106 minuti
Nazione: Stati Uniti, Regno Unito, Polonia,
Produzione: A24, Extreme Emotions, Film4, House Productions, JW Films
Distribuzione Italia: I wonder Pictures
Sito Ufficiale: https://a24films.com/films/the-zone-of-interest
Uscita Italia (Cinema) : 22 febbraio 2024


Earth Day (in ritardo)

Ieri, 22 aprile, Earth Day.

Oggi prima di ritornare a dimenticarci quanto sia grave la situazione, ecco qua un elenco delle foreste più minacciate del pianeta, raccolte dal National Geographic.

(grazie a Tirebouchon per averlo segnalato)


Dal greenwashing all’astroturfing

Sto cercando informazioni sul greenwashing che è ormai talmente diffuso da farci sperare di leggere su qualche imballo “io inquino così” e magari qualche dato. Sarebbe apprezzabile anche solo per l’onestà, invece di questa fastidiosa melassa di falso buonismo verde per cui come consumatore devo sempre andare a cercare dove sta l’inghippo, perdendo un sacco di tempo.

Comunque. Cercando cercando, mi sono imbattuta in questa pagina di Wikipedia sull’astroturfing. Conoscevo la pratica, che viene descritta molto bene nel libro di Giuseppe Altamore I padroni delle notizie, in particolare nel secondo  capitolo dedicato alle agenzie di pubbliche relazioni. Però non sapevo che si chiamasse così  e soprattutto che avesse avuto, ahimé, così tanti risvolti.


“Diaz. Non pulite questo sangue” di Daniele Vicari

“I FATTI NARRATI IN QUESTO FILM SONO TRATTI DAGLI ATTI PROCESSUALI E DALLE SENTENZE DELLA CORTE D’APPELLO DI GENOVA DEL 5/3/2010 E DEL 19/5/2010”

E‘ inutile girarci tanto intorno. Diaz di Daniele Vicari deve essere visto. Perché si basa sulle circa diecimila pagine di atti processuali del processo Diaz. Perché quello che è successo alla scuola Diaz di Genova durante il G8 nel luglio 2001 non è solo ” la più grave sospensione dei diritti democratici in un paese occidentale dopo la seconda guerra mondiale”: Qui i diritti fondamentali sono stati frantumati, polverizzati.

Daniele Vicari ha avuto un bel coraggio. Le scene dei nove minuti di delirio alla Diaz sono piuttosto crude. Anche se l’angoscia e l’annientamento sistematico delle persone nella  ricostruzione del dopo-Diaz alla caserma Bolzaneto sono forse peggio.

Tutto ciò che accade sullo schermo è vero. Documentato con il rigore del documentario, ma senza la distanza  del documentario. Molto bravi gli oltre 130 attori provenienti da tutta Europa, capitanati da Elio Germano, Claudio Santamaria e da Jennifer Ulrich.

Sceneggiatura di Daniele Vicari con Laura Paolucci. Fotografia di Gherardo Gossi, musica di Teho Teardo.

Standing ovation a Berlino, dove è stato presentato nella sezione Panorama.

Qui c’è il trailer:


C’è del legno illegale nella carta prodotta da APP

Questo è il rapporto di Greenpeace sulla deforestazione a Sumatra e in generale in Indonesia, ad opera della App (Asia Pulp and Paper).

Tema che l’edizione 2011 di CinemAmbiente (quest’anno dal 31 maggio al 5 giugno) aveva anticipato con la commovente storia delle ultime ore di vita di una femmina di orango, Green.

Questi sono tre dei 48 minuti del documentario


I 6 migliori film travel-inspiring (secondo Budget Travel)

Il magazine  online Budget Travel ha pubblicato l’elenco dei sei migliori film del 2011 a cui ispirarsi per un viaggio.

Eccoli:

The Descendant (Paradiso Amaro). Nel caso qualcuno abbia ancora qualche dubbio se regalarsi, budget permettendo, un viaggio alle Hawaii (purtroppo George Clooney NON è incluso nel viaggio)

The Way (uscita non ancora prevista in Italia). Di Emilio Estevez, interpretato dal papà Martin Sheen. Perchè nella vita almeno per una volta bisogna trasformarsi in pellegrini sul Camino di Santiago, in Spagna.

The Hangover II (Una notte da leoni 2). Film assai dimenticabile, ma Bangkok , Thailandia, è una città affascinante.

War Horse. La campagna inglese del Devon delle prime inquadrature, che più verde non si può,  è pura emozione.

Rio. I colori e la musica del Carnevale più bello del mondo, quello di Rio de Janeiro, Brasile

Midnight in Paris. La Parigi sospesa tra nostalgia e presente secondo Woody Allen. Come resistere?

Io ci aggiungerei

Mission Impossible The Ghost Protocol, per andare a dare un’occhiatina a Dubai.

Io sono Li. La storia è triste, ma Venezia è sempre meravigliosa, anche con la nebbia.

 


Silenzio, si legge

Do not disturb appeso alla mia porta by Pordenonelegge


L’industriale, fine riprese, i protagonisti

L’industriale, fine riprese, i protagonisti

Inserito originariamente da adagug

Questo è il mio piccolo omaggio all’uscita in sala de L’industriale, di Giuliano Montaldo, un regista che amo molto e di cui invidio la straordinaria vivacità e vitalità.

Come sempre Montaldo non rinuncia a criticare ferocemente chi non ha rispetto per la dignità umana: in questo caso sono tutti coloro che speculano senza scrupoli sulle difficoltà economiche di piccoli industriali strozzati dalla crisi, banche e finanziarie in primis (ma naturalmente non solo). Personalmente ho trovato meno interssante la svolta intimista nella seconda parte.

Il film è girato in bianco e nero e in digitale con una nuova tecnica, in grado di rendere evidenti con il colore alcuni particolari. Infatti la livida e semideserta Torino in cui il film è girato e ambientato mostra ogni tanto qualche particolare a colori.

Queste foto sono state scattate nel febbraio 2011, al termine delle riprese a Pinerolo. Su NonSoloCinema l’intervista a regista e protagonisti.

 

 


Due film per non dimenticare

Lo so che mancano ancora un po’ di giorni al 27 gennaio, Giornata della Memoria, ma vorrei consigliare la visione di due film: Vento di primavera (La Rafle), uscito a gennaio 2011 e disponibil in DVD, e La chiave di Sara (su NonSoloCinema la recensione di Fabrizia Centola), nelle sale cinematografiche dal 13 gennaio.

Entrambi raccontano, anche se in maniera molto diversa, uno dei tanti massacri per molti anni dimenticati.

Vento di primavera  ricostruisce fedelmente gli accadimenti di quel tetro 1942, quando una retata della polizia francese (per uno squallido baratto tra Hitler e il governo di Vichy) rinchiuse 13.000 ebrei  al Vélo d’Hiver per “cederli” ai nazisti, che li deportarono ad Auschwitz. Solo 25 si salvarono e la regista Roselyn Bosch è riuscita a farsi raccontare da uno di loro – che nel film ha un piccolo cameo  – cosa accadde.

La chiave di Sarah, tratto dall’omonimo libro di Tatiana De Rosnay pubblicato da Mondadori, con una efficace Kristin Scott Thomas, ha il pregio di collegare il passato al presente, sottolineando come il razzismo sia sempre in agguato come una belva feroce.

Due film per non dimenticare.


Symphony in the City, Perth, WA

Il ricordo più bello del mio mese “a testa in giù” resta il concerto di Natale Symphony in the City di sabato 10 dicembre 2011 della Western Australian Simphony Orchestra. Ventiduemila persone, la musica, il tramonto sul fiume Swan…

Per l’ultimo anno il concerto di Natale di Perth si è tenuto sull’Esplanade. Dal prossimo anno sarà spostato a Langley Park  a poche centinaia di metri, in uno spazio più ampio per contenere il crescente numero di spettatori.

Il concerto (gratuito)  inizia alle 19,30, dura fino alle 21 circa. All’arrivo ci consegnano il programma, un opuscolo con le attività WASO per il 2012 e un sacchetto per i rifiuti (e il prato dopo tre ore sarà lasciato esattamente come l’avevamo trovato: perfettamente  pulito).

Una sterminata distesa di bagni è a disposizione degli spettatori. Pochi gli stand mangerecci: questo è un concerto dove famiglie e gruppi di amici si portano borse da casa piene di tramezzini, insalate e snack. Si fa un picnic, si beve qualche bicchiere di vino o di birra, si chiacchiera nei diversi settori predisposti.  Su tutta l’area è vietato fumare: questo è uno smoke free event. Tutto ordinato e tranquillo. La presenza delle forse dell’ordine è discreta e silenziosa.

Ci sentiamo molto “globali”: noi arriviamo dall’Italia, ma vicino a noi un gruppo di ragazze parla una lingua dell’Europa dell’Est, dietro di noi c’è un gruppo di ragazzi cinesi, accanto a noi una famiglia da Ceylon.

Chi l’ha detto che ci vuole la neve per festeggiare il Natale?